Sembra una frase fatta finché non lo vedi da te,mentre in aereo vai
verso Lhasa. Le cime delle montagne sbucano dalla nuvole e all'inizio
credi siano solo agglomerati di nuvole, quelli con la forma strana un
po' a cucuzzolo. Invece sono proprio vette che fanno capolino e non so
capire perché ma la sensazione che mi hanno trasmesso è di essere
proprio una nullità. In genere ci si sente tanto alti quando si va in
aereo...invece loro sono lì che guardano fuori dalle nuvole come se
niente fosse, imperturbabili rispetto alle nostre piccolezze.
Poi atterriamo in un aeroporto un po' sgangherato, subito dopo un enorme
fiume giallo di melma e fra montagne brulle e disabitate. Ci aspetta
Lhasa e subito andiamo con la guida (lackdon, una donna meravigliosa di
cui mi sono già innamorata, ma merita un capitolo a parte), al monastero
centrale.
L'atmosfera, all'interno, è soffocante. Troppi turisti cinesi, il solito
accalcarsi di statue, drappi e offerte, l'odore greve delle candele di
burro di yak. Bellissimo, ma ti senti in un ventre caldo e buio. Poi
siamo saliti sulla terrazza, il cielo era scoppiato in un blu accecante e
dai tetti tutto intorno le bandiere della preghiera disseminavano
mantra al vento. Di fronte il potala, con la sua dose di malinconia e
tutte intorno, come a corona, le montagne.
Eccoci, ora tratteniamo il respiro, ci sentiamo anche noi sul tetto del
mondo, così piccoli e così felici in tanta luce e tanta potenza.
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